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“Sentieri di libertà”, Parlano gli accompagnatori: Marco Corrias, operatore della comunità, e la psichiatra Gloria Atzeni

A cura di Luca Mirarchi

Sig. Corrias, com’era organizzata questa quarta edizione dell’iniziativa?
«Si è svolta dal 27 al 30 giugno 2019 nel suggestivo scenario naturale offerto dai tacchi dell’Ogliastra: quattro giornate dedicate al trekking, seguendo la prassi della montagna-terapia».

Chi ha coinvolto?
«220 pazienti ospiti di comunità terapeutiche e 80 fra operatori della salute mentale, medici di altri settori, esperti di montagna e volontari provenienti da tutta l’Isola».

Come si svolgevano le giornate?
«Alle escursioni di trekking si sono alternati incontri, dibattiti e riflessioni su temi inerenti all’esperienza, le cui sintesi venivano poi condivise a fine giornata nelle riunioni plenarie, aperte al mondo del volontariato e alla cittadinanza attiva delle comunità locali».

E per quel che riguarda la nostra Comunità?
«Per l’Associazione Casa Emmaus Impresa Sociale erano presenti cinque utenti della struttura maschile classificati come doppie diagnosi e tre ragazzi provenienti dalla struttura minori e giovani adulti»

Cosa è successo nel corso delle giornate?
Il primo giorno — 27 giugno — tutti i partecipanti si sono incontrati al campeggio “Scala di San Giorgio” di Osini, quindi si è svolta una riunione conoscitiva in cui i partecipanti si sono presentati, si è spiegato cos’è il trekking e quali siano le sue ricadute positive sia sul piano fisico che mentale. Sono seguiti il trasferimento a Ulassai, la cena per tutti in piazza Barigau e un incontro di condivisione con la popolazione del luogo. Il secondo giorno è stato dedicato a un’escursione nel territorio dei Tacchi di Jerzu. Il programma è variato perché nel pomeriggio un ragazzo si è perso, quindi alcune ore sono state spese nella ricerca. L’escursione di sabato 29, programmata nella zona di Perd’e Liana, si è svolta con ritmi più blandi visto lo spavento del giorno prima. Di sera i nostri ragazzi non hanno partecipato alla Festa di “Sentieri di libertà” perché preferivano tornare anticipatamente in comunità e prendere parte alla Festa della famiglia. La domenica era infine prevista un’escursione verso il mare».

Dott.ssa Atzeni, come si sono comportati i nostri utenti?
«Hanno dimostrato empatia e capacità di gestire la circostanza. Non si sono lamentati e hanno saputo riconoscere il momento di difficoltà quando il ragazzo è scomparso e sono scattate le ricerche».

Che bilancio si può trarre dall’esperienza?
«Altamente positivo: un’occasione come questa consente agli utenti di tirar fuori capacità che restano sopite mentre si trovano in comunità, e la possibilità di raggiungere obiettivi condivisi sposta l’attenzione dai problemi personali e permette di accrescere l’autostima. In un contesto del genere, inoltre, i ruoli gerarchici tendono a cadere: tutti indossano la stessa maglietta fornita dall’organizzazione e si sentono tra pari. Le occasioni per socializzare sono state numerose ed è emersa una notevole propensione a comprendere i problemi di chi si è trovato, di volta in volta, in difficoltà».